Affascinati dallo sport, elemento che fa parte della nostra vita quotidiana e ci fa scoprire in ogni attimo qualcosa di importante. Lo sport è sfida continua con nei stessi quando ci muoviamo, corriamo, pedaliamo, semplicemente camminiamo. Non possiamo fare a meno dello sport, quello praticato - chiaramente al livello consentito a ciascuno di noi - quello visto o “parlato” con spesso animate discussioni, sempre nel rispetto del fair play, per commentare un risultato.
Lo sport è importante per la vita ed è un vero peccato che non lo sia davvero per la scuola dove i più piccoli poco o nulla vengono indirizzati alla pratica, vuoi per mancanza di impianti, vuoi per mancanza di insegnanti, con una scuola primaria che si affida a maestre o maestri che non hanno certo la preparazione (spesso: anche la voglia) per insegnare. E nessuno si preoccupa di trovare un rimedio, soprattutto i politici che non sanno neppure guardare indietro, poi mica tanto lontano, per capire che i Campionati Studenteschi da fine anni Cinquanta a tutti gli anni Settanta e i Giochi della Gioventù sono stati non solo fondamentali ma soprattutto elemento di grande crescita, sportiva ma anche culturale. Se qualcuno non lo sapesse, per le finali degli Studenteschi a Roma, alla fine degli anni Cinquanta, allo stadio Olimpico c’erano più di 50 mila spettatori.
Non serve fare troppa fatica, non occorrono mille ragionamenti per capire cosa accadeva allora e perché c’era tanto interesse per gare studentesche, mica per grandi campioni, quelli che allora erano in voga, gli Snell, gli Elliott, gli Hary, i Ralph Boston. C’era un bell’antagonismo tra le scuole romane, c’era soprattutto il piacere di allenarsi insieme per migliorare le proprie prestazioni e al momento della verifica finale - la gara - il pubblico non mancava. C’era, anche, il desiderio di socializzazione, quella vera e non quella dei social attuale.
Lo sport vive momenti angosciosi, come tutto il mondo del resto, alle prese da più di un anno con la pandemia. Incertezza e inquietudine, sport messo all’angolo con palestre e piscine chiuse, competizioni cancellate e al loro posto tanti, troppi, momenti da vivere con e sul computer. Voglia di normalità, voglia di sport libero, finalmente senza mascherine e senza lacci. Ecco cosa desideriamo, ecco quello che occorre presto per i giovani, gli atleti, i campioni del futuro.
Lo sport, però, non è in difficoltà solo per la pandemia che ha chiuso tutto da un anno a questa parte. La difficoltà dello sport è più profonda, al di là dei numeri che indicano una crescita di tesserati e praticanti. Il bacino di utenti potrebbe essere assai più ampio e produrre un buon numero di campioni mentre, invece, ci si accontenta di poco, di un po’ di movimento - parliamo delle fasce di giovani che potrebbero/dovrebbero impegnarsi di più, non dei master - e l’abbandono dell’agonismo è pratica molto in voga.
Da qualche anno, precisamente dal 23 agosto del 2013, anche lo sport ha il suo giorno, quello da festeggiare ricordandoci non solo la sua bellezza ma anche il modo di viverlo e il fair play.
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deciso di proclamare il 6 aprile di ogni anno la “Giornata internazionale dello sport per lo sviluppo e la pace”. L’Onu, con questa risoluzione, la numero 67/296, riconosce il potere dello sport per il cambiamento sociale, lo sviluppo della comunità e promuovere la pace.
C’è un motivo nella scelta del 6 aprile: è la data dell’inizio dei Giochi olimpici dell’era moderna, quelli di Atene 1896 riproposti dal barone Pierre de Coubertin, Giochi che ebbero nello stadio Panathinaikos il fulcro.
Sarebbe stato bello, oggi, festeggiare questo giorno dedicato allo sport in maniera diversa: gioiosa, attiva, sportiva. Anche quest’anno, come nel 2020, l’emergenza dovuta al Covid-19 ci impedisce di muoverci e questa Giornata dello Sport sarà ancora una volta diversa. Possiamo svolgere, nel rispetto delle norme, un po’ di attività, quei 150 minuti di esercizi moderati la settimana - o 75 più intensi - come ci consiglia l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per rimanere in forma, ma le iniziative per promuovere lo sport devono attendere tempi migliori.
Promuovere vuole dire stimolare, accendere la passione, creare le condizioni per andare in un impianto, una palestra, una piscina, e cominciare a praticare uno sport emulando chi ci ha dato la carica parlandoci delle sue gesta, non solo delle vittorie ma anche e soprattutto delle sconfitte, che spesso sono i momenti speciali dai quali si impara e si costruisce la futura vittoria.
Carlo Santi
Nella foto, lo stadio Panathinaiko di Atene durante la cerimonia inaugurale dei Giochi del 1896