Artemio Franchi nasceva cento anni fa, l’8 gennaio 1922 a Firenze ma si considerava senese essendo nati nella città del Palio i suoi genitori. Proprio per la passione che lo legava al Palio, Franchi è morto in un incidente d’auto un pomeriggio piovoso. Era il 12 agosto 1983 e il più grande dirigente italiano del calcio si recava a Vescona per prendere gli ultimi accordi con Silvano Vigni, detto «Bastiano», che salirà in sella al cavallo della Torre, della quale Franchi era il capitano, nell’imminente Palio. Erano le 19.10 quando la Fiat Argenta del presidente dell’Uefa si è schiantata contro un camion che procedeva in direzione inversa.
Artemio Franchi è stato il più grande dirigente del calcio italiano, un autentico pilastro e uno dei più grandi di tutto lo sport e non solo di casa nostra.
Arbitro di calcio in gioventù, laureato in economia e commercio, segretario della Fiorentina fino al 1951, segretario prima e presidente in seguito della Lega Interregionale di quarta serie, carica che gli ha permesso di diventare vice presidente della Federcalcio. In quegli anni, Franchi ha trasformato, o meglio creato, il Centro Tecnico di Coverciano facendolo diventare la sua seconda casa.
Un dirigente in ascesa, un predestinato. Nel 1962 i primi incarichi internazionali: membro della commissione di propaganda dell’Uefa e capodelegazione della Nazionale italiana per i Mondiali in Cile, con gli azzurri eliminati al primo turno a causa di un arbitraggio fazioso a favore del Cile. Confermato nello stesso incarico quattro anni dopo al campionato Mondiale in Inghilterra dove l’Italia è stata sconfitta dalla Corea del Nord. Nel 1967 il presidente della Federcalcio, Giuseppe Pasquale, si è dimesso e al suo posto è eletto Artemio Franchi. Tra le prime decisione del neo presidente, quella di imporre la chiusura delle frontiere e impedire alla società italiana l’acquisto dei giocatori stranieri.
Franchi ha chiamato Ferruccio Valcareggi a guidare la Nazionale che nel 1968 ha vinto gli Europei a Roma e nel 1970 ha sfiorato il successo al Mondiale in Messico. Qualche anno dopo, nel 1973, il dirigente italiano è stato eletto - un plebiscito il suo - presidente dell’Uefa e, di conseguenza, numero 2 della Fifa. Questi incarichi lo hanno costretto a lasciare la dirigenze della Federcalcio.
Sarebbe diventato lui il successore di Havelange, il presidente della Fifa, se non fosse scomparso alle porte di Siena quel tragico giorno di agosto dell’83.
Carlo Santi
Nella foto, Artemio Franchi con Joao Havelange