Un drammatico incidente a Buenos Aires in una gara del Mondiale marche ha strappato alla vita Ignazio Giunti. Era il 10 gennaio 1971 e si correva la 1000 km, gara di apertura del campionato con vetture a ruote coperte. Una morte assurda quella del pilota romano nato il 30 agosto 1941 che guidava la nuova Ferrari 312 PB e si apprestava a firmare un lungo contratto per la casa di Maranello alla vigilia di una stagione che si annunciava importante in Formula 1. Un incidente assurdo, con il francese Jean-Pierre Beltoise che spingeva la sua Matra senza benzina, poco prima del rettilineo d’arrivo. Giunti era in testa alla corsa e stava doppiando l’altra Ferrari, la 512 guidata da Mike Parkes. Aveva la visuale coperta Parkes ha scartato all’ultimo momento verso sinistra mentre Giunti ha colpito in pieno la Matra. Ucciso sul colpo mentre la sua Ferrari ha preso fuoco.
Beltoise se l’è cavata con una squalifica mentre è cominciato un percorso per la sicurezza in pista ma tutto questo non può essere una consolazione davanti alla morte di un pilota. Ignazio Giunti aveva trent’anni e proveniva da una famiglia nobile, figlio del barone Pietro e della contessa Maria Gabriella San Martino di Strambino. Elegante, mocassini e camicia azzurra, il ciuffo castano, tnato gentile nella vita quanto aggressivo in pista. Il nipote di Ignazio, Vittorio Tusini Cottafani, ha raccontato la sua vita in un libro, «Ignazio Giunti. Un pilota, un’epoca». Nelle pagine del libro si legge di come aveva cominciato a correre in macchina di nascosta dai genitori con l’Alfa 1900 di famiglia a Vallelunga, la sua palestra. Tusini Cottafani ricorda le macchine di allora, le corse in una Roma che era assai diversa da quella attuale, le gare di velocità tra piazza Euclide e Sacrofano con gli amici e lui che era quasi sempre il più veloce.
Si era fatto notare, Ignazio, tanto che il Drake, quell’Enzo Ferrari che di piloti se ne intendeva e che aveva intenzione, in quel 1971 era pronto a farlo correre alternandolo con Mario Andretti. Il suo è rimasto solo un sogno dopo sole quattro gare in Formula 1, quattro Gran Premi con un quarto posto a Spa. Buenos Aires, la prima gara dell’anno, è stata anche l’ultima.
Carlo Santi
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