Poco prima di mezzogiorno del 20 febbraio 1979 in una clinica di Trieste è morto Nereo Rocco, uno dei più popolari personaggi del calcio. Era ricoverato da alcune settimane e il decesso è avvenuto per un’emorragia interna, sopravvenuta ad altre complicazioni. Rocco avrebbe compiuto 67 anni il 20 maggio essendo nato a Trieste nel 1912.
I tifosi del calcio lo avevano soprannominato «Paròn», espressione veneta che significa capofamiglia. E lui capofamiglia nel calcio lo era davvero non solo per la competenza tecnica ma anche per il calore umano che gli aveva consentito di raggiungere successi e simpatia e una popolarità ben oltre i confini del suo sport. Calciatore in gioventù, Triestina e Napoli le sue squadre, allenatore più tardi dove ha ottenuto grandi vittorie, in particolare con il Padova che ha portato a importanti traguardi, poi con il Milano e il Torino. Con il club rossonero, Rocco ha conquistato, tra gli altri trofei, due scudetti, due Coppe dei Campioni e una Coppa Intercontinentale.
Nereo Rocco era il paròn, rozzezza e astuzia contadina, il vocione e la barba ruvida quando, estate del 1961, è sbarcato a Milano. Il primo contatto con il club è stato chiedere, anzi volere, l’acquisto di Scagnellato, giocatore assai rude in un Milan che faceva della raffinatezza il suo stile, con Liedholm e Green, Schiaffino e Grillo tanto per ricordare qualcuno. Rocco è diventato subito popolare e dietro il personaggio che mostrava di essere, quasi ignorante fingendo, addirittura, qualche volta di non conoscere l’italiano tirandosi fuori con il dialetto triestino, imponeva regole rigide e chiedeva fedeltà assoluta.
Si era inventato così a Padova, dava l’impressione di non trovarsi a proprio agio in un salotto, fingeva di non conoscere nulla della preparazione atletica ma era tutto il contrario. E in tanti lo avevano immaginato fare onore al fiasco, soprattutto i veneti e spesso appariva, nei disegni dell’epoca, abbracciato a un fiasco. Altro che macchietta, altro che burbero, altro che ignorante: Nereo Rocco aveva uno spessore fuori dal comune ma amava recitarsi non per esibizionismo ma per modestia e sotto quella sua scorza burbera c’era un uomo sensibilissimo.
Rocco ha lasciato un segno profondo su vent’anni del nostro calcio. Con il Padova nel 1958 che ha chiuso al terzo posto in classifica gioco difensivo con il catenaccio, più duttile ed elegante nel Milan del biennio 1968-1969 con i successi in Coppa Italia, scudetto, Coppa delle Coppe, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale. Al Milan, Nereo era arrivato nel 1961 dopo aver guidato con Paolo Todeschini la Nazionale olimpica ai Giochi di Roma 1960 e subito ha conquistato lo scudetto con un grande protagonista nella squadra, Gianni Rivera, il giovanotto che lui all’inizio poco gradiva ma che Gipo Viani, il direttore tecnico del Milan, gli impose prima che tra i due, allenatore e giocatore, scattò un rapporto speciale. Nella stagione successiva, quella 1962-1963, è arrivata la prima Coppa dei Campioni del Milan e del calcio italiano battendo a Wembley il 22 maggio il Benfica di Eusebio.
Carlo Santi
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